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Alessandro Benetton: “Così diamo un futuro alle piccole imprese”

Per Alessandro Benetton investire al Sud con successo è difficile ma oggi è possibile

“Ho rispetto per le tue idee ma tre te e il mio management scelgo i miei manager. Quindi adesso dovrai trovarti un altro lavoro.” Era il 1992. E per chi, a soli 16 anni, ha un cognome che è per di sé un brand di fama mondiale e un padre che è da sempre nella top ten del mondo imprenditoriale, quella frase poteva significare una condanna. Invece ha significato l’inizio di una nuova sfida, di nuovo modo di intraprendere e di investire: così, l’allora giovane Alessandro Benetton divise la sua strada professionale da quella della famiglia e oggi, dopo un quarto di secolo, guida “21 Investimenti”, una società di private equity con sedi a Roma, Parigi, Ginevra e Varsavia. Il gruppo 21 Partners ha 1,6 milioni di euro di capitali raccolti tra investitori istituzionali globali e investe nel mid-market europeo attraverso fondi locali di private equity gestiti da team locali. “Noi – spiega Alessandro Benetton, che ieri a Catania ha partecipato all’incontro organizzato per gli 80 anni della Sifi – investiamo in aziende che devono avere caratteristiche ben precise: coraggio, capacità di innovare e di creare discontinuità, e ovviamente un progetto industriale solido”. In buona sostanza, si tratta di vedere le cose in modo diverso rispetto al passato e anticipare il futuro, ricercando nuovi sistemi produttivi salvando però il know-how delle aziende e adeguandole alle mutate esigenze del mercato. “In Italia il 90 per cento della produzione è rappresentato da piccole e medie imprese, fondate dal Dopoguerra e reduci dai successi degli anni Sessanta. Oggi il loro problema – è l’analisi di Alessandro Benetton – è assicurarsi la continuità in un sistema economico attraversato da cambiamenti epocali che non le rendono più competitive come un tempo”. In questa lettura della nuova imprenditoria insiste la solida formazione conseguita ad Harvard col noto economista Micheael Porter. “Noi guardiamo le cose e progettiamo in modo che le nostre idee siano poi replicabili in settori diversi, anticipando anche i cambiamenti e le richieste del mercato”.


Alessandro Benetton, dunque puntate su aziende, esaurito l’abbrivio iniziale, abbiano bisogno di ricollocarsi e rilanciarsi.

“In genere nelle piccole e medie imprese c’è molta specificità e tanta qualità che però è difficile imporre sul mercato. Noi rispettiamo il Dna delle singole imprese e le adeguiamo al mercato”.

Investire al Sud conviene?

“Dal mio punto di vista la nostra esperienza in Sicilia è quasi migliore che nelle altre regioni italiane. Nei giovani del Sud ho trovato energie e determinazioni superiori. Non dimentichiamo che la preparazione è fondamentale ma la caparbietà e la determinazione non sono secondarie.”

Però ci vuole anche dell’altro.

“Infatti. Qui ho trovato imprenditori giovani e capaci, un capitale umano di grande qualità, un eccellente rapporto con L’Università e un know-how scientifico e tecnologico ai più alti standard mondiali”
Ciò non toglie che, dal punto di vista strutturale, il Sud e le sue aziende siano penalizzate.
“Non c’è dubbio che da questo punto di vista ci siano ritardi evidenti. Ma per un’azienda che vuole guardare ai mercati internazionali disporre di una banda larga affidabile conta come avere delle nuove strade e dei buoni collegamenti. Oggi l’utilizzo del digitale permette un contatto continuo col sistema produttivo e con i clienti e dunque la possibilità di interventi immediati”.

Lei ha un blog e una pagina facebook.
“Per me sono l’occasione di tenere uno stretto contatto con la gente, di capirne i gusti, cogliere le evoluzioni della società. Sono un ottimo osservatorio che per il mio lavoro è essenziale.


Alessandro Benetton
, industria 4.0 significa grandi cambiamenti. Ma offrirà anche grandi occasioni per i giovani?

“Dobbiamo puntare ad originare il fenomeno della partenza dei nostri ragazzi verso altri Paesi: una vera e propria emorragia. L’industria 4.0 può essere una grande occasione per le piccole imprese alla ricerca di uno stretto rapporto col territorio e per i giovani.”

Lei parla spesso di responsabilità e di ruolo sociale delle imprese.

“Il ruolo sociale delle imprese è un concetto ben più ampio della responsabilità sociale. Il ruolo sociale delle imprese è inclusivo e dunque si deve pensare anche alla disabilità. Sono convinto che un’impresa che ha radici solide nel territorio vale di più. Un’impresa che sa dedicare attenzione alle persone e alle famiglie vale di più”. L’accenno alla disabilità non è casuale. La Sifi ha infatti lavorato al progetto “Art of the blind” che permette ai non vedenti di conoscere e leggere l’Ara Pacis a Roma. Un progetto – aggiunge con soddisfazione il nostro ospite Fabrizio Chines, presidente esecutivo di Sifi – che presto replicheremo anche a Catania”.

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