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Giovanni Lo Storto: “Gli studenti di oggi avranno un mestiere che ancora non esiste”

Il direttore generale della Luiss Giovanni Lo Storto descrive come il suo ateneo affronta le sfide che il mondo del lavoro e la situazione economica impongono ai giovani

«Il sessantacinque per cento dei ragazzi che sono oggi a scuola farà un mestiere che non è stato ancora inventato». Il direttore generale dell’università Luiss, Giovanni Lo Storto, cita uno studio del Labour Department americano per dare la dimensione dell’evoluzione vorticosa del mercato del lavoro. Digitale e interdisciplinarità le chiavi per dominare il mondo che cambia. Si dice spesso che in Italia si sfornano troppi laureati in discipline che non hanno mercato, quali sono allora i mestieri del futuro?

«Siamo nel pieno di una rivoluzione, i ragazzi che arrivano all’università oggi sono figli della crisi, sono cresciuti in una situazione economica di mancato sviluppo: per questo sono molto più disincantati, ma sono anche consapevoli che per ottenere qualcosa in questo contesto socio-economico devono mettersi in gioco. Il cambiamento del soggetto fruitore impone anche un cambiamento dell’offerta formativa all’insegna della sperimentazione in tutte le materie, non solo in quelle scientifiche».

Cosa significa concretamente?

«Significa dare gli strumenti interdisciplinari per attrezzarsi a fare professioni che magari ancora non esistono. A partire dall’orientamento che noi facciamo con la Summer School che offre una settimana di lezioni agli studenti delle scuole superiori. Durante il percorso universitario, i progetti Studenti in fabbrica e AdoptionLab consentono di fare esperienze in azienda».

Giovanni Lo Storto, quali sono i settori che tirano di più?

«Stiamo lavorando molto sui temi della cybersecurity e dei big data dal punto di vista strategico e manageriale, ma anche di declinazione dei modelli econometrici. Il futuro è quello di lavori in cui predominerà la parte creativa e tecnologica. Anche nel manifatturiero si andrà sempre più verso l’industria 4.0. Ad esempio, ha avuto un boom incredibile il nuovo master in marketing digitale».

Peccato che dopo la laurea molti scappino all’estero…

«Il provvedimento del governo sugli sconti fiscali per i cervelli che rientrano è utile ma il problema è attrarne qui di nuovi dall’estero. E il nostro paese ha tutte le caratteristiche per divenire una tappa interessante da inserire nel curriculum. Sul fronte dell’internazionalizzazione, la Luiss ha fatto 165 accordi di cooperazione per lo scambio studenti in 37 paesi e attivato 22 programmi di doppia laurea in paesi extra europei come Russia, Stati Uniti e Cina».

Eppure nei ranking mondiali le università italiane non brillano…

«I ranking sono numeri freddi che spesso considerano dimensioni e numero di matricole, non la qualità. Da noi ci sono realtà eccellenti più piccole, magari a numero chiuso. E poi c’è il nodo dei finanziamenti a università e ricerca drasticamente ridotti negli ultimi anni, senza che in Italia si sia sviluppata una cultura filantropica come all’estero: basti pensare che Harvard ha un fondo di endowment (sovvenzione, ndr) da 40-50 miliardi contro i sette miliardi del fondo di finanziamento italiano delle università statali».

Quanti dei vostri laureati trovano lavoro?

«Oltre 1’80% con punte del 90% per i laureati in economia. Lo scorso anno sono stati attivati 1.600 tra tirocini e stage, contro i mille del 2014. Inoltre, molti cercano di sviluppare attività in proprio: un’opportunità è l’acceleratore d’impresa ‘Luiss Enlabs’, che ha dato lavoro a circa 300 ragazzi e attratto 16-18 milioni di capitali privati. Con il prossimo ampliamento a 4mila metri quadrati, diventerà uno dei più grandi acceleratori d’Europa».

FONTE: Il Giorno
AUTORE: Alessia Gozzi

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